Al termine di un’estate ormai decisamente finita, di un autunno dissolto tra le prime nebbie e di un inverno da iniziare ad affrontare disporremo forse dei primi dati effettivi del turismo 2023. Allora non potremo non chiederci definitivamente se quello che avremo alle spalle sarà stato effettivamente l’anno della grande ripresa turistica post Covid o al contrario quello di una bolla destinata a sgonfiarsi. Una canzone resa famosa da Mina recitava in una delle sue strofe: “Blu Le mille bolle blu, mi chiamano, mi cercano…” . Scherzosamente si può affermare che questa sollecitazione poetica può avere agito da leit motiv della generica percezione positiva per la stagione del turismo 2023 caratterizzata da un numero di positive, differenti e apparenti “bolle turistiche”, ma più seriamente non ci si può esimere dal sottolineare come la responsabilità di salvatore della Patria attribuita al settore sia stata decisamente esagerata.
Nel frattempo secondo i primi risultati disponibili (indicatori di Italian Hotel Monitor, elaborato da Trademark Italia) ai primi due positivi trimestri dell’anno ha infatti fatto seguito un terzo trimestre 2023 con un risultato in crescita rispetto al 2022 per l’industria alberghiera italiana, in termini di occupazione camere e prezzo medio camera, ma con una frenata del turismo nazionale nei mesi di luglio e agosto, compensata solo da una ripresa nel mese di settembre e da un successivo buon andamento in ottobre del turismo business e leisure internazionale nelle città d’affari e d’arte.
Una bolla economica è il fenomeno d’incremento della domanda solitamente piuttosto limitato nel tempo che, dopo una fase con prezzi in progressiva ascesa scoppia riportandone il livello nella migliore delle ipotesi ai valori precedenti. Gli economisti inoltre ritengono che a dare il via al processo che spinge verso la creazione di bolle economiche siano fattori che in determinati periodi incentivano modificazioni del comportamento dei consumatori.
Nel caso del fenomeno turistico la compressione della domanda manifestatasi negli anni Covid, nonostante la successiva crescente presenza di un’inflazione che non ha potuto non erodere il potere d’acquisto dei consumatori fatto salvo quello delle categorie cosiddette alto spendenti ha provocato sostanzialmente un effetto elastico, che ha determinato un consistente rilancio della domanda di turismo nel nostro Paese, alimentata comunque, come è stato rilevato, in maniera più forte da parte dei viaggiatori stranieri. Le strutture ricettive desiderose di recuperare volumi di fatturato, più alti ricavi per camere disponibili, utili e capacità finanziarie indispensabili per far fronte a oneri di un difficile recente passato hanno tendenzialmente e generalmente cavalcato l’incremento dei prezzi seppure con diversa intensità a seconda della location. del tipo di struttura, del livello dei servizi prestati e dei segmenti di mercato di tradizionale riferimento. Queste scelte tuttavia sembrano avere privilegiato una visione di breve periodo e un approccio caratterizzato da un desiderio di riequilibrio accelerato dei conti aziendali in uno scenario di attuale grande turbamento geopolitico ed economico, con possibile penalizzazione di segmenti non irrilevanti dell’ospitalità italiana. Quali conseguenze? Vedere quelle fantastiche bolle sparire ancora più velocemente dal nostro cielo blu.
Autore:
GIORGIO DE PASCALE
Università Milano Bicocca
Docente di “Organizzazione delle strutture ricettive“